Autolesionismo: Farsi Del Male Per Calmare Il Dolore Interiore
Usando la parola “autolesionismo”, in questo articolo voglio includere al tradizionale significato che riporta a quei comportamenti volontariamente agiti per procurarsi del dolore fisico, anche tutti quei pensieri e convinzioni negative che ci spingono a ferirci dal punto divista psicologico.
L’autolesionismo fisico e mentale, non ha l’intenzione di “distruggere” in modo definitivo il nostro corpo e la nostra mente. L’autolesionista non ha, di solito, pensieri suicidi e a livello psicologico nutre il desiderio di stare bene.
Ma è come se, nella sofferenza, ci trovasse un senso al proprio vissuto. E’ come se, visto che è convinzione comune che la vita è anche dolore, ci si convincesse che andare incontro alla sofferenza sia meglio che aspettare che ci piova addosso all'improvviso e ci annienti.
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Il Significato Nascosto Dell’Autolesionismo
Da un punto di vista prettamente psicologico, l’autolesionista è la persona che per almeno 5 giorni si è inflitta lesioni di tipo fisico.
Le lesioni autoinferte possono essere minime o più gravi, ma difficilmente arrivano a mettere in pericolo la vita, perché, di fondo, non c’è quasi mai un intento suicidiario.
Spesso si arriva a considerare anche gli abusi di sostanze nocive come dei comportamenti autolesionistici.
La psicologia circoscrive le motivazioni di condotte autolesionistiche attorno alle difficoltà nell’affrontare situazioni che vengono percepite come troppo complicate e angoscianti.
Le motivazioni che soggiaciono alla deliberata volontà di ferirsi, quindi, partono dallo stringente bisogno di liberarsi da quel vuoto interiore che impedisce di gestire al meglio gli stati emotivi spiacevoli che si sperimenta.
Identikit Dell’Autolesionista
I dati raccolti identificano tra i soggetti più a rischio di autolesionismo, gli adolescenti o giovani adulti, più di sesso femminile che maschile.
L’età di comparsa del problema si aggirà attorno ai 13-14 anni e tende a perdurare a lungo anche se con l’arrivo della maturità affettiva si nota una maggiore risoluzione del disturbo.
Gli elementi ricorrenti che contraddistinguono spesso un autolesionista sono:
1- Sesso femminile: l’ho già sottolineato, la maggior parte degli individui che tendono all’autolesionismo sono ragazze o giovani donne. Un dato che alcuni spiegano con l’ostacolo “culturale” imposto alle femmine nell’esprimere la propria agressività. Impedimento meno stringente per gli uomini.
2- Disturbi alimentari: sembra emergere che, spesso, dietro a comportamenti autolesionistici, si nascondano problemi nel rapporto con il cibo. Chi deve affrontare situazioni che gli appaiono soverchianti può tendere verso comportamenti bulimici alernati ad azioni di autolesionismo.
3- La presenza di depressione: le ferite autoimposte possono celare un forte stato di malessere interiore
4- Disgusto per il proprio corpo: non ci si piace e si vorrebbe, in qualche modo, cancellare ciò che si vede allo specchio
Ecco quindi che l’autolesionista è una persona che si sente “morta” dentro, ha perso la connessione con il proprio corpo e trova nel dolore fisico l’unica prova tangibile della propria esistenza.
L’autoferita è il tentativo di spostare quell’inquietudine psicologica percepita ad un livello fisico.
Si cerca, in un ultima analisi, di riportare sotto una forma visibile e controllabile qualcosa che si percepisce come troppo sfuggente e comprensibile.
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I Sintomi Iniziale Di Un Comportamento Autolesionista
Gli inidizi preventivi che ci possono far sospettare la presenza di un processo psicologico che può condurre all’autolesionismo sono:
- una situazione di forte difficoltà e inquietudine interiore, dettata dall’incapacità percepita di affrontare l’ostacolo del momento
- una tendenza manifesta all’isolamento e al mutismo
- iniziare ad eccedere con alcol e altre sostanze nocive
- un’incontrollabile propensione a strapparsi i capelli o mangiarsi le unghie
- un basso livello di autostima e una forte tendeza all’autocritica
- un improvviso calo o aumento di peso
Come Si Manifesta Concretamente L’Autolesionismo
I comportamenti che possiamo definire “autolesivi” possono assumere molte forme di manifestazione.
I più comuni che contraddistinguono il comportamento dell’autolesionista sono le ferite i tagli procurati e agiti sul proprio corpo (molto spesso bracci e polsi).
Ma con uno sguardo complessivo, si devono includere in questo contesto tutte le azioni che ci possono procurare danno in modo più o meno consapevole come:
- eccedere nell’abuso di sostanze nocive
- l’ingestione volontaria di sostenza tossiche
- l’abuso o il rifiuto del cibo
- ripetuti incidenti
- ripetute interruzioni di gravidanza ecc.
Tutti gesti in cui si può ritrovare dei denominatori comuni:
- un modo per esprimere il proprio disagio e chiedere supporto
- non sono sempre il sintomo inequivocabile della presenza di una patologia
- la probabile presenza di una fragilità narcisistica di base
- un attacco deliberato verso il proprio corpo, che spesso nasconde una profonda difficoltà relazionale con esso, con l’immagine che si ha di se stessi e con i propri genitori
Un aiuto psicoterapeutico, si rivela spesso, determinante per gestire al meglio queste situazioni problematiche.
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Perché Mi Faccio Del Male?
L’autolesionismo si manifesta come un comportamento che ha la chiara intenzione di “farsi del male”, senza però sfociare nella volontà di morire.
Le ferite fisiche o i comportamenti distruttivi autoimposti spesso, una volta intrapresi, lasciano un vuoto di sofferenza riempito da senso di colpa. Un circolo vizioso di dolore senza fine.
Il segnale essenziale da cogliere è che l’autolesionista non vuole morire e, in un certo senso, nemmeno attirare l’attenzione su di sé.
Come si spiegano, allora, questi gesti a cui non si riesce a dare un senso?
Il tentativo di comprensione dovrebbe compiere un’analisi sia a livello fisico che psicologico:
- si sa che la reazione del corpo davanti ad una ferita, è il rilascio di endorfine che hanno il compito di procurare piacere e benessere
- il dolore fisico ruba l’attenzione cosciente al dolore emotivo sottostante, il primo ci appare decisamente più tollerabile e “controllabile” del secondo
L’autolesionista è stato, spesso, un bambino “non visto”, cresciuto in un ambiente indifferente ai suoi reali bisogni.
Ecco che procurarsi delle ferite è il tentativo di ammettere a sé stessi, più che agli altri, la propria sofferenza psicologica.
Ma può essere anche la ricerca di calmare quel senso di colpa che ci attanaglia. Una situazione che spesso emerge da storie di maltrattamenti in cui i torti subiti vengono giustificati dalla certezza di essere “inadeguati”.
Altri casi nascondono delle forme dissociative problematiche: sento il bisogno di ferirmi e procurarmi danno anche se non lo vorrei fare. C’è una parte di sé che spinge a farlo e un’altra che resiste in una lotta spossante senza fine.
Ecco quindi, che dietro a delle ferite autoimposte o a comportamenti “distruttivi” esiste un mondo emotivo che va compreso caso per caso.
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L’Autolesionismo Psicologico: Ferirsi A Livello Emotivo
Gli altri possono farci del male, in mille situazioni e in mille modi.
Ma, alla fine, spesso, siamo noi stessi i nostri aguzzini.
Di cosa si parla con il termine di “autolesionismo psicologico”?
Quante volte siamo pronti a farci del male da soli?
Quante volte scegliamo di soddisfare gli altri e mettere in secondo piano i nostri bisogni?
L’autolesionismo, nella sua accezzione completa, non si esaurisce con i casi di autoprocurato danno a livello fisico.
Ci possiamo fare male, e anche in modo più doloroso, anche solo a livello mentale.
Sono le classiche “ferite invisibili”, quelle che non si vedono o si fa finta di non vedere, eppure sono lì, a dare origine a sofferenze poco sopportabili. Sono lesioni che procuriamo alla nostra anima e che intaccano la nostra autostima e il nostro benessere.
Ferite che ci consegnano davanti allo specchi0 con l’impressione di aver perso quella dignità di “essere umano” che ci teneva in piedi.
Sto parlando di tutta quella serie di pensieri e comportamenti che si rivelano dei “remi” che agiscono nella direzione contraria a quella che vorremo intraprendere.
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Tutti Siamo Fragili Ma Diventa Un Problema Quando Lo Neghiamo
C’è una vocina interiore, stridula e fastidiosa, che sono sicura, tutti abbiamo sentito almeno qualche volta nella vita.
E’ lì che aspetta un tuo momento di difficoltà per ribadirti senza stancarsi mai una frase di cui vuole convincerti …
“Non sei abbastanza …”
Motivazione, sforzi, mantra autorealizzativi, preghiere, convinzioni autoimposte ecc. … tutto è inutile per questa vocina …
“Non sei abbastanza …”
Un vocina che vibra su una corda vocale che ci vuole trascinare, a forza di piccoli strattoni, nella terra dell’eterna insicurezza. Lì dove il sole non scalda mai abbastanza, dove la pioggia non toglie la sete, dove la luna non ci conforta in modo completo …
Nasce allora quel senso di “vittimismo” nel quale, in qualche modo, troviamo un senso: gli altri sono “cattivi” e non riconoscono il nostro posto nel mondo.
Un senso che diventa un vicolo cieco in cui non riconosciamo più il vero carnefice: noi stessi.
Bassa autostima, frustrazione e rabbia diventano le nostre frequenze mentali preferite.
Ci mettiamo a completa disposizione degli altri senza più pensare ai nostri bisogni. Non sappiamo più dire di NO, ma i nostri SI ci seppelliscono sotto una coltre di sofferenza.
La vita diventa una routine fatta di cose da fare per qualcuno e non sentiamo più il piacere del viverla e sperimentarla.
Ricorda che la lesione esistenziale più grande è una sola: una vita senza emozioni e senza allegria.
Sì … siamo fragili … sì spesso non siamo abbastanza … ma solo se ci guardiamo con gli occhi degli altri …
La verità è che, in ogni momento, siamo quello che dobbiamo essere … e che se ci affidiamo al cambiamento naturale del processo vitale … diventeremo quello che dovremmo diventare …
In fondo, se impari ad amare la vita, non puoi più averne paura …
Come Comportarci Allora?
Difficile diventare un adulto, senza portarsi appresso dall’infanzia un seppur minimo bagaglio di traumi ed esperienze negative. Ma arrendersi a questo peso del passato e rinunciare a vivere è la scelta del vero autolesionista moderno.
Smettere di farci del male e iniziare a prendersi cura di sé stessi è l’unica strada da percorrere.
Prova a riflettere su questo …
- identifica il sottile limite tra gli obblighi e le responsabilità della vita e i piaceri e il godimento della stessa
- dedicata del tempo a ciò che ti piace fare e alle persone che sanno farti star bene
- pratica con costanza dello sport
- non pretendere da te quello che non puoi ottenere secondo tempi imposti troppo stretti
- tieni un diario emotivo dove imparare a dialogare in modo costruttivo con le tue emozioni
- tira fuori dal cassetto i tuoi sogni e inizia a rincorrerli
- non disdegnare un supporto psicologico quando ne senti il bisogno. E’ sempre meglio chiamare un giardiniere prima che la pianta sia appassita
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Conclusioni
L’autolesionismo, come abbiamo visto, ha sempre una componente di sofferenza psicologica.
Sia quando si traduce in ferite a livello fisico, sia quando si limita a creare voragini emotive senza fine.
E’ la rinuncia a comprendere e capire cosa si svolge nella nostra mente e a rimenere in un contatto equilibrato a portarci distante dalla nostra essenza.
Una distanza che non è mai incolmabile se non rinunciamo ad amare l’occasione di vivere che ci si ripresenta davanti ogni giorno che abbiamo la fortuna di vedere il sole che sorge all’orizzonte.
L’autolesionismo è l’estremo tentativo di proteggerci da un’esistenza che ci fa paura …
Ma è il vivere in modo totale, gioie e dolori, l’unico modo per non farci mai davvero del male …
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